24 Settembre 2023
XXV Domenica
Mt 20,1-16
24 Settembre 2023
XXV domenica TO anno A Mt 20,1-16
Il brano evangelico di questa domenica, la parabola degli operai dell’ultima ora, è inquadrato da due versetti, uno che precede il testo e l’altro che lo conclude giocando sulle parole primo e ultimo:
- Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi (Mt 19,30)
- Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi (Mt 20,16)
Con questo artificio letterario Matteo indica che la parabola è l’applicazione pratica del principio che tutti sono uguali nella considerazione di Dio e che a una chiamata gratuita deve corrispondere un servizio disinteressato. I primi (arrivati) hanno lo stesso valore di chi è arrivato per ultimo. Non c’è classe di merito, per Dio ogni vita è preziosa e unica. E tuttavia se preferenze ci devono essere, queste riguardano l’attenzione privilegiata di Dio per i piccoli, i semplici coi quali Gesù si identifica. La parabola di oggi, riguardando l’impegno a servizio del regno, e indica nella comunità, durata e qualità del servizio, tipo di funzione, maggior rendimento non danno luogo a privilegi né ad una considerazione più alta, secondo quanto già detto nel discorso sulla chiesa, che nel regno dei cieli il più grande è chi si fa come il più piccolo e il servo di tutti.
Se privilegio c’è è per gli umili, i semplici, i poveri ai quali il Padre rivela i misteri del regno dei cieli, coi quli Gesù si identifica. I discepoli di Gesù, coloro cioè che hanno risposto alla chiamata a lavorare nella vigna, sono tra questi piccoli, non ha perciò senso che si interroghino su chi è più grande né tanto meno che rivendichino un trattamento più vantaggioso rispetto ai piccoli arrivati dopo. La vera ricompensa è di far parte dell’umanità nuova a servizio della quale si sono posti. Matteo lo ha già spiegato nel capitolo precedente quando, alla domanda di Pietro sulla ricompensa per aver lasciato tutto, Gesù risponde che non mancherà nulla di tutto ciò che hanno lasciato nella proporzione del cento per uno e una vita che supera il limite della morte.
Tutti sono talmente uguali davanti a Dio, che Gesù, nella parabola dei due figli (Mt 21, 28-32), dirà che pubblicani e prostitute sono passati avanti ed entrati per primi perché non possono accampare pretese che invece fanno valere quanti si ritengono giusti. In quella parabola, che pure riguarda il lavoro, l’ultimo diventa primo perché, alla fine, magari anche un po’ controvoglia, nella vigna ci è andato, mentre il primo ha detto si si ma non ci è neppure messo il piede. Tuttavia, Dio aspetta tutti i suoi figli e li cerca attivamente, perché non vuole perderne nemmeno uno, neanche quel giovane ricco che se ne va tutto triste perché impastoiato dalle sue ricchezze.
Se la vigna, immagine biblica del popolo eletto, corrisponde nel vangelo a tutta l’umanità, voluta e amata da Dio, gli operai chiamati ad ogni ora del giorno per lavorarvi sono tutti i discepoli di Gesù che via via si aggiungono, chiamati a servizio di una realtà umana che ha bisogno di essere più simile a Dio nell’amore, senza discriminazioni.
La gratuita di questa chiamata che dà senso alla vita (“perché state qui tutto il giorno senza fare niente”), è il cuore della parabola.
Il considerarsi tutti ugualmente chiamati a servizio di un unico piano di Dio, predispone all’ascolto e all’attenzione reciproca, pronti a ricevere i doni dell’altro, perché nessuno è così povero da non avere nulla da dare come nessuno è così ricco da non avere nulla da ricevere. Lo scambio di doni è la norma che regge la comunità ciascuno ha il diritto/dovere di esprimerli e metterli a servizio degli altri dal più piccolo al più grande, dall’ultimo arrivato a quanti sono cristiani da generazioni.
La paga è di un denaro al giorno perché corrisponde alle necessità di una giornata, il “pane di ogni giorno” che chiediamo nel Padre Nostro. Come la manna nel deserto, il pane non si può accumulare per sé, i pezzi raccolti alla fine rimangono per essere nuovamente condivisi.
Buona domenica e buona settimana P, Daniele
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