14 Set 25 Esaltazione della croce
Nm 21,4-9 Sal 77 Fil 2,6-11 Gv 3,13-17
Le letture di oggi concentrano la nostra attenzione sul mistero che celebriamo nella ricorrenza del 14 settembre che quest’anno cade di domenica, esaltazione della croce. Non esaltiamo la sofferenza e il dolore, ma l’amore di Dio che si manifesta nell’offerta che Gesù fa di se stesso per la salvezza del mondo. Attraverso la sua croce Gesù solidarizza e si identifica e manifesta il suo amore per ogni crocifisso.
Il testo evangelico ci ripropone il dialogo tra Gesù e Nicodemo quando Gesù per spiegare a Nicodemo il mistero dell’amore di Dio per tutta l’umanità, richiama l’esperienza del popolo di Israele in uno dei momenti più complicati del suo cammino nel deserto, episodio di cui ci parla la prima lettura di oggi: il popolo non sopportò il viaggio c’è dunque una protesta contro Dio e contro Mosè: Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? La sofferenza del cammino oscura nel loro cuore la presenza di Dio che li accompagna. Invece dei fede e speranza nel loro cuore c’è solo rimpianto e delusione ed ecco perciò la prova dei serpenti. Il loro scoraggiamento produce pessimismo e morte: un gran numero di Israeliti morì a causa del morso dei serpenti. Muoiono causa della loro sfiducia, è questo il loro peccato, pensare di essere stati abbandonati da Dio, rimpiangono perciò il tempo della loro schiavitù, le false sicurezze del passato. E’ umano! E’ quanto capita anche a noi. In mezzo al nulla del deserto, il segno del serpente di bronzo diventa la risposta di Dio.
E’ questa l’immagine che Gesù prende per farsi capire da Nicodemo: Come Mosè innalzò il serpente nel deserto così deve essere innalzato il Figlio dell’uomo perché chiunque crede in lui abbia la vita che non muore. Nel discorso di Gesù guardare diventa credere, l’innalzato è lui stesso e il segno è la croce. Nella contemplazione del crocifisso come ci spiega Giovanni, soprattutto nei discorsi finali del suo vangelo, la croce è la glorificazione di Gesù perché attraverso di essa ciò che viene rivelato e comunicato è l’amore del Padre che viene incontro ad ogni uomo. La croce di Gesù è la risposta di Dio al dolore e alla morte dell’uomo. Nella contemplazione del crocifisso-risorto riceviamo la forza per continuare il cammino con lui, vivente per sempre.
La croce strumento di morte e di infamia, cambia di significato. Le braccia di Gesù inchiodate sul legno diventando l’abbraccio col quale Dio salva il mondo dalla morte.
La seconda lettura, l’inno della lettera ai filippesi, che abbiamo già avuto nella liturgia della domenica delle palme, è la migliore illustrazione di questo mistero. Questo testo si apre con le parole di Paolo: abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo e poi ci parla del percorso di Gesù che non ha rifiutato di condividere fino alle sue estreme conseguenze, la condizione dell’uomo. del suo annientamento e della sua esaltazione. C’è una discesa a cui corrisponde un’esaltazione, il centro di questa parabola è l’immagine del crocifisso nel quale contempliamo la solidarietà di Dio che non ha paura di condividere la condizione umana più lontana e infamante: umiliò se stesso, fino alla morte e alla morte di croce”. Ma è proprio in questa condizione che rispende la gloria di Dio che non è quella della supremazia e della sopraffazione dell’altro ma quella del servizio e dell’amore.
I sentimenti di Cristo si concentrano dunque in questa sua sensibilità (viscere materne di Dio) che lo rende prossimo di ogni uomo ferito, abbandonato, lontano. La contemplazione della croce, nella sua rudezza che non si lascia facilmente infiorettare e abbellire, richiama perciò il senso vero della vita dal punto di vista di Dio e, di conseguenza, la qualità delle relazioni che con la forza dello Spirito siamo chiamati a costruire secondo il sentire di Gesù che è il sentire di Dio “lento all’ira e grande nell’amore”. Il contrario è il cinismo, la cultura dell’indifferenza, il cuore tenero solo con chi sentiamo vicino a noi e non sempre neppure in questo caso. Il peccato più grande è la mancanza di agape-carità che va oltre tutti gli steccati senza stabilire un ordine di precedenza che non sia quello indicato da Gesù nel vangelo, quello cioè che mette al centro il più piccolo, il servo, l’ultimo e l’escluso.
È questa l’obbedienza dalla fede, la scelta libera di aderire alla volontà di amore di Dio che in Gesù ci ha amato fino al compimento (Gv 13). Così la croce non è più il segno della fine, ma la porta che ci introduce nella realtà nuova di un mondo rinnovato. Questo è la salvezza.
Perciò l’amore per la croce non è ricerca dolorista di una redenzione attraverso la sofferenza. La sofferenza della croce, come rinuncia a se stessi per aprirsi a Dio e agli altri è solo il passaggio stretto e necessario per passare dalla morte alla vita, dall’odio all’amore.
Buona domenica e buona settimana. P Daniele