24 novembre 2024
XXXIV domenica TO B
Solennità di Cristo Re e Signore dell’Universo Gv 18,33-37
24 novembre 2024
XXXIV domenica TO B
Solennità di Cristo Re e Signore dell’Universo Gv 18,33-37
In quest’ultima domenica dell’anno liturgico ciclo A, il lezionario prevede il passo di Giovanni nel quale Pilato interroga Gesù sulla sua “pretesa” regalità. In realtà Gesù non si è mai attribuito questo titolo come non ha mai ostentato il suo essere il Messia. Gesù ha sempre preferito i fatti alla propaganda. Anche durante l’interrogatorio davanti a Pilato Gesù riconosce che si è Re, ma non come pensa lui e neppure i quanti lo hanno deferito a lui: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù".
D’altra parte, nei vangeli nulla è più chiaro del fatto che Gesù non solo non vuole essere confuso con i poteri di questo mondo, ma addirittura li denuncia come espressione massima dell’idolatria (la tentazione del potere) rivendicando per sé il titolo di servo. Lo abbiamo visto nel vangelo di Marco qualche settimana fa: “i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono, tra voi non è così … il Figlio dell’uomo, infatti, non è venuto per farsi servire, ma per servire” (Mc 10, 42-45), dove servire significa per Gesù riscattare, liberare guarire. Una liberazione che è certamente morale, ma non solo di carattere individuale, ma anche sociale culturale e perfino religiosa. Del resto nulla c’è di peggio della religione quando si erge a sistema di potere, strumentalizzando Dio invece di assecondare i suoi piani.
In Luca questa identità di Gesù è espressa in modo ancora più chiaro (io sono in mezzo a voi come colui che serve Lc 22,27) e in Giovanni in maniera plastica attraverso la lavanda dei piedi.
E’ l’immagine del servo che dà la vita in riscatto per molti (Mc 10,45), dove per “molti” si intende “tutti” in opposizione a pochi (eletti). Si intendono tutti gli uomini senza distinzioni di appartenenza, ben al di là dei ristrettissimi limiti del popolo ebraico (e della Chiesa stessa).
Questo è ciò che accade sulla croce, quando, in particolare nel vangelo di Marco, si scioglie il mistero che Gesù è stato per i suoi contemporanei (discepoli compresi) come lo fu per la prima comunità di credenti, e come rimane anche per noi. La regalità di Gesù rimane perciò un po’ strana. La vera immagine di Gesù Re è quella della croce. È invece ciò che ha capito il centurione romano che nel vangelo di Marco, che avento intensamente e senza pregiudizi partecipato alla sofferenza di Gesù sulla croce, diversamente dai sacerdoti e scribi presenti che lo prendono in giro e lo sfidano, finisce per riconoscere, non la sua regalità ma la sua divinità; avendo visto non un Dio ma un uomo che muore così: “veramente quest’uomo era Figlio di Dio”. Lo coglie vedendo come non reagisce agli insulti e alla sfida che sacerdoti e scribi continuano a rivolgergli senza alcuna pietà. Lo coglie nel grido di quella preghiera che da romano non poteva capire “Eli, Eli lema sabactani”: Dio perché mi abbandoni così? L’atto di fede di un uomo autenticamente religioso che non rinnega Dio ma gli chiede di capire lo scopo di quanto gli sta accadendo. Lo vede di nuovo nel rifiuto del condannato di accettare l’aceto che avrebbe alleviato un po’ le sofferenze, unico gesto di pietà in mezzo a tanto cinismo. Lo vede anche nel forte grido nel momento in cui qualsiasi essere umano in genere non ha più fiato se non l’ultimo respiro. Il riconoscimento del Centurione romano è il segno paradossale che qualcuno ha capito Gesù e che nella sua morte in croce si è aperta finalmente la porta (il velo del tempio che si squarcia) per un’umanità nuova, formata da quanti si mettono a seguire Gesù e ricevono lo Spirito di cui, fin dal Giordano, era pieno e che ora egli dona a tutti coloro che lo accolgono.
L’immaginario spirituale è importante. Ci sono immagini magari belle ma che ci portano fuori strada. L’unica immagine del Re che ci è dato di contemplare è quella del crocifisso, come il Centurione.
Buona domenica e buona settimana.