19 marzo 2023
IV domenica di Quaresima A
Gv 9,1-41
19 marzo 2023
IV domenica di Quaresima A
Gv 9,1-41
Il cieco nato è il simbolo dell’uomo, di ogni uomo, di ciascuno di noi, nessuno escluso, questa è la buona notizia: Gesù, l’inviato, ci passa accanto in mille modi, ci apre gli occhi per fare di noi creature nuove, libere, consapevoli, responsabili insieme agli altri della vita. Vedere fisicamente è metafora della facoltà critica e della coscienza che consente alla persona umana scelte libere e responsabili, soprattutto nei rapporti con Dio, cioè nella dimensione religiosa della vita. La fede è una cosa, la coscienza della fede è un’altra e corrispondono a momenti diversi. Il cieco nato, prima vede poi crede nel momento in cui trovandosi nuovamente di fronte a Gesù che si rivela, riconosce in lui la causa della sua libertà.
Quest’uomo è cieco dalla nascita, non sa cosa significa vedere e non ne sente nemmeno la mancanza; subisce la sua situazione in modo assolutamente fatalista. Sicuramente egli stesso pensa che in un modo o nell’altro la sua cecità è l’effetto di una colpa. Gesù libera quest’uomo restituendolo ad una rinnovata coscienza di sé come persona voluta, amata e rispettata da Dio.
Siamo nella festa delle capanne, nella quale protagoniste sono l’acqua e la luce. E’ l’acqua della piscina di Siloe che esce dal Tempio percorrendo un lungo tunnel sotterraneo, e che in quell’occasione veniva attinta dal grande sacerdote, portata processionalmente per essere versata sull’altare a propiziare le piogge autunnali. In questo contesto Gesù ha proclamato che lui è l’acqua viva: Chi ha sete venga a me e beva (Gv 7,37). Ma è anche una festa della luce di cui in quella circostanza, si illuminava tutta la città e nel cuore di questa festa Gesù proclama solennemente di essere lui la luce del mondo e che chi aderisce a lui non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita (Gv 8,12). Attraverso la guarigione dell’uomo che non ha mai visto la luce Gesù manifesta questo concretamente. Il cieco, che può finalmente utilizzare i suoi occhi per vedere, diventa simbolo e metafora di una liberazione della mente e della coscienza, un’illuminazione che consente di orientarsi nella vita, di valutare e decidere senza più sottomissione se non alla volontà di Dio che si manifesta nell’essere umano di Gesù.
Per il cieco nato, vedere significa diventare capace di uno sguardo critico, che non si lascia più sottomettere neppure dall’incalzare delle domande e dal disprezzo di cui è fatto oggetto da parte dei farisei e di reggere anche alla curiosità e alle chiacchere ella gente, compresi i discepoli che chiedono a Gesù per colpa di chi quest’uomo sia nato così.
Quello che so, dice il cieco ai suoi giudici, è prima ero cieco ed ora vedo e che questo è merito di un uomo che mi ha “unto” gli occhi e mi ha detto di lavarmi alla piscina dell’inviato. Quest’uomo non può che venire da Dio, perché altrimenti non avrebbe potuto fare nulla. L’essenziale per quest’uomo non è quello che pensano i suoi giudici o la gente, ma l’uomo nuovo che lui è diventato nel momento in cui finalmente è stato liberato da ciò che faceva di lui un mendicante colpevole per giunta del suo male.
E’ interessante come il riconoscimento di Gesù avviene in un momento successivo. In fondo a Dio quel che interessa prima della fede in Lui è che l’uomo stia bene. Il riconoscimento viene dopo: Gesù avendo saputo che lo avevano cacciato fuori, incontratolo gli disse: tu credi nel Figlio dell’uomo? E chi è? Tu l’hai visto … Io credo Signore! Il cieco vede di nuovo colui che, senza chiedergli nulla, lo ha liberato, lo riconosce. Questo la dice lunga anche su di noi che a volte crediamo più per sentito dire che per una consapevolezza personale. Anche il racconto della samaritana finisce con la gente del villaggio che dice alla donna: “Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo” (Gv 4, 42).
Il racconto del cieco nato termina con Gesù che chiede a noi l’umiltà di riconoscere che tutti abbiamo bisogno di essere liberati dai pregiudizi che ci accecano rendendoci responsabili della nostra cecità in umanità e perciò anche religiosa: Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane.
Buona domenica e buona festa a tutti i papà. P. Daniele
Versione PDF :
