Adorazione
Domenica 20 ottobre 2024
ADORAZIONE EUCARISTICA
XXIX Tempo Ordinario/B
Dal Vangelo secondo Marco
(Mc 10,35-45)
Comunità Pastorale 4 Evangelisti - Monza
Venerdì 18 ottobre 2024
ADORAZIONE EUCARISTICA XXIX Tempo Ordinario/B Dal Vangelo secondo Marco (Mc 10,35-45)
In quel tempo si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: “Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo”. Egli disse loro: “Cosa volete che io faccia per voi?” Gli risposero: “Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. Gesù disse loro: “Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?” Gli risposero: “Lo possiamo”. E Gesù disse: “Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è
per coloro per i quali è stato preparato”.
All’udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: “Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”.
Papa Francesco - Angelus 17 ottobre 2021
Il Vangelo della Liturgia odierna racconta che due discepoli, Giacomo e Giovanni, chiedono al Signore di sedere un giorno accanto a Lui nella gloria, come se fossero “primi ministri”, una cosa del genere. Ma gli altri discepoli li sentono e si indignano. A questo punto Gesù, con pazienza, offre loro un grande insegnamento: la vera gloria non si ottiene elevandosi sopra gli altri, ma vivendo lo stesso battesimo che Egli riceverà, di lì a poco, a Gerusalemme, cioè la croce. Che cosa vuol dire questo? La parola “battesimo” significa “immersione”: con la sua Passione, Gesù si è immerso nella morte, offrendo la sua vita per salvarci. La sua gloria, la gloria di Dio, è dunque amore che si fa servizio, non potere che ambisce al dominio. Non potere che ambisce al dominio, no! È amore che si fa servizio. Perciò Gesù conclude dicendo ai suoi e anche a noi: «Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore». Per diventare grandi, dovrete andare sulla strada del servizio, servire gli altri.
Siamo di fronte a due logiche diverse: i discepoli vogliono emergere e Gesù vuole immergersi. Fermiamoci su questi due verbi. Il primo è emergere. Esprime quella mentalità mondana da cui siamo sempre tentati: vivere tutte le cose, perfino le relazioni, per alimentare la nostra ambizione, per salire i gradini del successo, per raggiungere posti importanti. La ricerca del prestigio personale può diventare una malattia dello spirito, mascherandosi perfino dietro a buone intenzioni; ad esempio quando, dietro al bene che facciamo e predichiamo, cerchiamo in realtà solo noi stessi e la nostra affermazione, cioè andare avanti noi, arrampicarci… E questo anche nella Chiesa lo vediamo. Quante volte, noi cristiani, che dovremmo essere i servitori, cerchiamo di arrampicarci, di andare avanti. Sempre, perciò, abbiamo bisogno di verificare le vere intenzioni del cuore, di chiederci: “Perché porto avanti questo lavoro, questa responsabilità? Per offrire un servizio oppure per essere notato, lodato e ricevere complimenti?”. A questa logica mondana, Gesù contrappone la sua: invece di innalzarsi sopra gli altri, scendere dal piedistallo per servirli; invece di emergere sopra gli altri, immergersi nella vita degli altri. Stavo vedendo nel programma “A sua immagine” quel servizio delle Caritas perché a nessuno manchi il cibo: preoccuparsi della fame degli altri, preoccuparsi dei bisogni degli altri. Sono tanti, tanti i bisognosi oggi, e dopo la pandemia di più. Guardare e abbassarsi nel servizio, e non cercare di arrampicarsi per la propria gloria. Ecco dunque il secondo verbo: immergersi. Gesù ci chiede di immergerci. E come immergersi? Con compassione, nella vita di chi incontriamo. Lì [in quel servizio della Caritas] stavamo vedendo la fame: e noi, pensiamo con compassione alla fame di tanta gente? Quando siamo davanti al pasto, che è una grazia di Dio e che noi possiamo mangiare, c’è tanta gente che lavora e non riesce ad avere il pasto sufficiente per tutto il mese. Pensiamo a questo? Immergersi
con compassione, avere compassione. Non è un dato di enciclopedia: ci sono tanti affamati… No! Sono persone. E io ho compassione per le persone? Compassione della vita di chi incontriamo, come ha fatto Gesù con me, con te, con tutti noi, si è avvicinato con compassione. Guardiamo il Signore Crocifisso, immerso fino in fondo nella nostra storia ferita, e scopriamo il modo di fare di Dio. Vediamo che Lui non è rimasto lassù nei cieli, a guardarci dall’alto in basso, ma si è abbassato a lavarci i piedi. Dio è amore e l’amore è umile, non si innalza, ma scende in basso, come la pioggia che cade sulla terra e porta vita. Ma come fare a mettersi nella stessa direzione di Gesù, a passare dall’emergere all’immergerci, dalla mentalità del prestigio, quella mondana, a quella del servizio, quella cristiana? Serve impegno, ma non basta. Da soli è difficile, per non dire impossibile, però abbiamo dentro una forza che ci aiuta. È quella del Battesimo, di quell’immersione in Gesù che tutti noi abbiamo ricevuto per grazia e che ci direziona, ci spinge a seguirlo, a non cercare il nostro interesse ma a metterci al servizio. È una grazia, è un fuoco che lo Spirito ha acceso in noi e che va alimentato. Chiediamo oggi allo Spirito Santo che rinnovi in noi la grazia del Battesimo, l’immersione in Gesù, nel suo modo di essere, per essere più servitori, per essere servi come Lui è stato con noi.
E preghiamo la Madonna: lei, pur essendo la più grande, non ha cercato di emergere, ma è stata l’umile serva del Signore, ed è tutta immersa al nostro servizio, per aiutarci a incontrare Gesù.
Riflessione dal sito dell’ordine dei carmelitani
“Concedici di sedere nella tua gloria”
Pur prendendo delle precauzioni nella richiesta, è chiaro che hanno delle ambizioni notevoli. Secondo la tradizione, essi erano forse cugini di Gesù, e quindi – secondo la legge orientale – avevano un diritto particolare, come membri della famiglia. Comunque sia si vede che non hanno capito nulla di quello che Gesù stava per fare. Si avviava all’ignominia della croce, e loro non l’avevano ancora capito. Il vero potere di Gesù non consiste nel distribuire i posti d’onore, ma di far partecipare al suo destino tragico: “Potete bere il calice che io bevo?”
“Il calice anche voi lo berrete”
Il dialogo sulla coppa e il battesimo (vv. 38-39) è in evidente parallelo. Ma non si capisce come i due possano bere il calice e essere battezzati, se non pensando al martirio che hanno subito (entrambi) in seguito. Attraverso le due immagini Gesù sembra dunque evocare la sua morte violenta, che egli presagisce come un obbligo assoluto di fedeltà verso il Padre. La risposta alla loro richiesta di sedersi accanto a lui è molto evasiva: ma si capisce che vuole mostrare che non è
quello il modo per ottenerlo.
“Gli altri dieci si sdegnarono”
Chiaramente anche essi condividono la stessa ambizione. Ma questo versetto sembra solo redazionale, per collegare i due episodi che forse non erano all’origine dipendenti. Si cambia completamente argomento. Ma il fatto che si ricordi lo sdegno, è probabilmente fondato in qualche episodio: perché non fanno bella figura i discepoli: e per questo deve essere proprio autentico.
“I capi delle nazioni le dominano... voi però no”
Si riferisce ai dirigenti politici del suo tempo: in fondo è anche lo stile di tutti i tempi. Per contrasto la comunità dei discepoli deve essere dominata dal servizio: questo è espresso con due termini che indicano gradualità. Si parla di “servo” (diakonos) e di “schiavo” (doulos). Non si può scegliere chi servire: si deve essere schiavi di tutti, rovesciando lo schema mondano.
“Il Figlio dell’uomo infatti...”
Troviamo il fondamento della legge costituzionale della comunità: seguendo lo stile del Maestro, donando come lui la vita in spirito di servizio. Di più diventando “signori” attraverso il dono della vita e non per pretesa. Il “riscatto” o redenzione è difficile da interpretare, come dice p. X. Léon Dufour: ma possiamo capirlo bene considerando le parole che Gesù pronuncia nell’ultima Cena. Tutta la vita di Gesù allora è sotto la luce del “riscatto”, della fedeltà fino alla fine per la libertà degli uomini. Si priva della libertà, per donare libertà, per riscattare dalla non libertà. Lo statuto della
comunità dei discepoli è così caratterizzato dal servizio, dalla non ambizione, dalla vita donata e vincolata al riscatto degli altri.
• Perché questa ambizione dei discepoli di occupare i primi posti?
• Come passare dall’emergere all’immergersi?
• Saziaci, Signore, con il tuo amore; gioiremo per sempre.