“IMPARARE A GUARDARE COME I POVERI VEDONO IL MONDO”

In questo tempo siamo di fronte a momenti di riflessione che coinvolgono più parti nel mondo intero: vedi

G20, COP26. Tanti interventi e tante riflessioni insieme a “proteste” e “manifestazioni che vogliono invitare i

cosiddetti Grandi del Mondo a fare delle Scelte.

Al centro di tutto non dobbiamo dimenticare la PERSONA UMANA. Dobbiamo cercare il Suo rispetto e riscoprire la sua dignità.

La Chiesa non smette mai di richiamarci che al centro di tutto e di ogni riflessione c’è la persona e il suo BEN-ESSERE cioè un BENE pensato dall’Amore di Dio, Progetto originario di tutta l’umanità.

In questa domenica la Chiesa celebra la V Giornata mondiale dei Poveri voluta da Papa Francesco (già nelle scorse settimane sull’Informatore è stato presentato il suo Messaggio per questa giornata: «I poveri li avete sempre con voi» Mc 14,7)

Domenica scorsa nella diocesi di Milano si è celebrata la Giornata diocesana Caritas dal titolo: “Ripartire dagli ultimi nello stile del Vangelo. Aggiustare il mondo praticando l’amore”. Il giorno precedente (sabato 6 novembre) ho avuto modo di partecipare on line al convegno della Caritas, proprio su questo tema.

Vorrei riportare qui in sintesi l’intervento del cardinale Francesco Montenegro (vescovo emerito di Agrigento):

“IMPARARE A GUARDARE COME I POVERI VEDONO IL MONDO”

«I poveri non sono una appendicite per la Chiesa ma sono la sua ricchezza perché una Chiesa lontana dai

poveri è una chiesa senza Dio – ha sottolineato Montenegro -. Dal giorno in cui il Signore ha scelto di nascere in

una baracca, Dio va cercato tra la gente che soffre negli ospedali, tra i detenuti nelle carceri, tra i migranti che

sbarcano a Lampedusa. Soccorrere i poveri vale quanto spezzare il pane durante la eucarestia».

Gli ultimi in fondo sono i primi. Papa Francesco ce lo sta dicendo. Se vogliamo restaurare questo mondo e

cambiarlo, tornando alle origini della Chiesa primitiva, abbiamo bisogno di ridare il posto giusto agli ultimi. D’altra

parte, gli ultimi sono anche il sacramento di Cristo. Così come non possiamo vivere la fede senza l'Eucaristia,

non possiamo vivere la fede senza i poveri. Non possiamo farci sostituire da un altro per andare all’Eucaristia,

non possiamo delegare un altro ad amare i poveri. Dobbiamo allora prendere coscienza che, come cristiani,

dobbiamo incontrarci con questo sacramento. È scomodo ma il Signore ce lo ha dato come testamento. Nel

testamento si lasciano le cose migliori alle persone che si amano. Noi, come ha detto il Papa, guardiamo i poveri

ma dobbiamo imparare a guardare come i poveri vedono il mondo.

Porto l’esempio della parabola del Buon Samaritano. Se dal balcone dovessi vedere quella scena, direi che

sono passate due persone e sono andate oltre. È passata poi una terza persona e si è fermata. Faccio una

cronaca, faccio quindi la mia statistica. Se invece mi metto al posto dell’uomo ferito, vedo che l’uomo ferito viene

percosso due volte. La prima volta dai briganti. La seconda volta dai due che passano. L’uomo ferito ha la sua

delusione. Devo allora scoprire quali sono, in fondo, le delusioni e le speranze dei poveri. L’uomo ferito sgrana

gli occhi quando vede che un nemico si ferma. È una prospettiva diversa che mi viene data. Non è quella di una

persona che si ferma o non si ferma. Si incomincia invece a vedere chi è quella persona. Si devono guardare le

cose dei poveri, ai quali il Signore ha lasciato la Buona Notizia. Si deve andare alla loro scuola per rivedere il

mondo e il progetto che Dio ha. D’altra parte, i poveri nella Chiesa e nel mondo sono la maggioranza…

Senz’altro perché i poveri sanno guardare l’essenziale, sanno guardare ciò che conta. Il povero se ha freddo

vuole una maglietta. Se noi abbiamo freddo vogliamo la maglietta firmata. Ma non è la firma che riscalda. È

invece la lana che riscalda. Siamo preoccupati, però, per la firma. Il povero è preoccupato di coprirsi. Lui sa

andare all’essenziale. Una cosa che noi con difficoltà riusciamo a fare. Ci siamo accorti con il Covid che

improvvisamente ci siamo visti poveri: poveri di relazioni. E la vita è cambiata.

La via del povero è quella via che il Papa ci ha indicato nell’incontro con la Caritas per il

50.mo di fondazione. La via degli ultimi è importante, ma non guardandola dal balcone.

Ma mettendomi accanto e lasciandomi guidare da loro. Questa non è poesia. È Vangelo.»

È una grande riflessione quella del Card. Montenegro.

La nostra comunità Pastorale deve interrogarsi su come è in grado di vivere il Vangelo. Impareremo insieme a guardare non più dal balcone, ma dal punto di vista del povero che ci sta attorno, appunto: “IMPARARE A GUARDARE COME I POVERI VEDONO IL MONDO”.

Il Parroco

don Pierangelo